Abilmente Diverso

  • Directed by Niccolò Castelli
  • Camera: Claudio Rizzotti e Niccolò Castelli
  • Sound: Emiliano Cavani
  • Editing: Ivano Colombo
  • Sound editing: Sandro Hess
  • Producer: Luca Jaeggli
  • Production assistant: Luisella Formenti
  • Produced by RSI Radiotelevisione svizzera
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Guido ha 35 anni, adora pelar patate, ama il cinema e la pizza. Ha un fratello di nome Giovanni, vive con sua mamma Daniela e suo padre Giangiacomo. Fra le sue molteplici caratteristiche ve ne sono due più importanti di altre: Guido è ipovedente e affetto dalla sindrome di Trisomia 21, ovvero, è down. Nel raccontarci una settimana di Guido Abilmente diverso ci racconta il mondo che abbiamo di fronte a noi tutti i giorni attraverso gli occhi di chi, questo mondo, lo vede in modo un po’ diverso da noi ma con la stessa intensità.

Guido is 35 years old, he loves peeling potatoes, going to the movies and eating pizza. He has a brother called Giovanni and he lives with his parents: Daniela and Giangiacomo. Within his many characteristics, two of them stand out: Guido is partially sighted and he is afflicted with Trisomia 21. Abilmente diverso narrates us the world we see every day through the eyes of someone who sees this world in a different way, but with the same intensity.

http://www.rsi.ch/la1/programmi/cultura/storie/documentari/Abilmente-diverso-1757296.html

© N. Castelli, Paranoiko pictures – 2017

Moving Forest

  • Directed by Niccolò Castelli
  • With Daniele Rampinini, Mona Petri, Filippo Zinetti and Damiano Castelli
  • Cinematography: Mauro Boscarato
  • Sound: Sandro Hess
  • Editing: Claudio Cea
  • Sound editing and mix: Riccardo Studer
  • Music written and conducted by Emanuele Delucchi
  • Producer: Michela Pini
  • Produced by Cinédokké
  • Coproduced by RSI Radiotelevisione svizzera
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Nell’era dei videogiochi, Martino, un bambino di 11 anni, si chiede se come lui anche l’alberello che sta nel cortile del suo condominio si annoia a non uscire mai da quelle quattro mura di cemento. Grazie ad un carrello della spesa riuscirà a far scoprire il mondo al suo nuovo amico verde.
Un’ avventura innocente ed ironica che avvicina bambini e adulti all’universo dimenticato della natura e della fantasia. E un finale che lascia sperare in un mondo migliore grazie alla fantasia dei bambini.

Back in the days of video games, Martino, an 11 year old boy, wonders if the tree in the courtyard of his building is bored of never escaping the four concrete walls that surround it. He takes a shopping cart and sets out to discover the world with his new green friend. An innocent and ironic adventure that brings children and adults close to the forgotten universe of nature and imagination. And an ending that leaves hope for a better world through the imagination of children.

Endsieg – Everything Changes in One Shot

  • Directed by Niccolò Castelli, Daniel Casparis
  • Written by Daniel Casparis, Michael Sauter
  • With Jürgen Brügger, Lukas Ullrich, Stefan Kollmus, Kyle Popoola
  • Cinematography: Andreas Birkle, Mauro Boscarato
  • Steadicam operator: Mauro Boscarato
  • Sound: Patrick Storck
  • Editing: Niccolò Castelli, Daniel Casparis
  • Music written and conducted by Emanuele Delucchi, Alessandro Broggini
  • Production manager: Niccolò Castelli, Michael Imboden
  • Produced by Zurich University of Arts ZHdK
  • Coproduced by RSI Radiotelevisione svizzera

Play the shortfilm, available with english, german and italian subtitles on Vimeo.

Un film in un piano sequenza. Endsieg è un film su ciò che è giusto e ciò che è sbagliato in tempo di guerra. Tradendo le aspettative dello spettatore la storia prende una via inaspettata e in una spirale della percezione obbliga chi guarda a rivalutare ciò che pensava di aver già capito.

Endsieg is a drama about the decisions of right and wrong in times of war. Or is it?
Treading on grounds well known by the viewers, the story takes an unexpected turn unraveling an intriguing spiral of perception.

Qui un articolo su «Endsieg» 12 anni dopo → leggi.

Locarno Festival

#Locarno67 - The Wall of Fame

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#Locarno68 - The Wall of Fame

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Encounters @Locarno Festival

La relazione fra Niccolò Castelli e il Locarno Festival è molto lunga. Da ragazzo ha seguito il Festival come corrispondente radiofonico. Quindi, il suo cortometraggio di diploma Endsieg nel 2008 viene selezionato nella sezione Pardi di domani. La sua opera prima Tutti Giù ha visto la prima pubblica in concorso nella sezione Cineasti del Presente del Festival nel 2012.
Forti di questo legame, il Locarno Festival  ha chiesto a Niccolò Castelli di realizzare il ritratto di un suo ospite d’onore così come un ritratto del suo tappeto rosso di Piazza Grande che sapesse raccontare i 10 giorni di kermesse cinematografica attraverso i suoi ospiti. Da qui la nascita della Wall of Fame e degli Encounters @ Locarno Festival

It is a long relationship the one between Niccolò Castelli and the Locarno Festival. Quite young he started attending the Festival as a radio correspondent then, in 2008, his diploma short film Endsieg was selected in the Pardi di domain section and in 2012, his first feature film Tutti Giù was premiered in the Concorso Cineasti del presente section. Thanks to this strong relationship, the Festival asked Niccolò to realize a portrait of a guest of honor as well as a video of the guests attending the festival and its red carpet during the ten days. This brought the birth of The Wall of Fame and the Encounters @ Locarno Festival.

Paolo Villaggio

Con il suo personaggio Ale e io abbiamo passato ore di chiacchiere. In qualche modo nel 2012 abbiamo provato a raccontarlo a modo nostro, nella puntata 51 di Arriva John Doe, per Rete Tre. Oggi Paolo Villaggio se n’è andato ma continueremo a fare le nostre passeggiate con Fantozzi, ne son certo.

ALE: Qui però Nico si va oltre il cinema. Fantozzi inizia prima e finisce dopo. I film lo portano solamente all’attenzione della massa. Fantozzi al cinema altro non è che un gigantesco specchio piazzato di fronte all’Italia del post-boom economico. Prima però c’è un libro, dopo, una leggenda.

NICC: esatto, perchè Fantozzi, portato in sala da Luciano Salce, nasce non da un ciak, bensì da una penna. La penna di quel Paolo Villaggio che poi, pur controvoglia, oltre ad avergli dato vita, gli presterà pure il volto. Fantozzi è un romanzo. Anzi, facendo un ulteriore passo indietro è esperienza. Esperienza sul campo. Villaggio lavora da impiegato in una grande ditta, vive e osserva la realtà “industriale” e ne ritrae il protagonista medio.

ALE: in sintesi un mezzo ignorante, sfigato, che sogna la collega bramata dall’intero ufficio e costretto a una moglie agghiacciante, la Pina, madre di una sorta di toporagno su due zampe, Mariangela. Fantozzi detesta la sua vita, ma è anche abbastanza umile e lucido per capire, al termine di ogni puntuale sconfitta, jella o caduta, che è l’unica che può permettersi.

NICC: Fantocci-Pupazzi-Merdaccia è l’italiano considerabile e considerato solamente perché proprietario di due gambe e due braccia, manovrate da una testa fragile, povera, vittima ideale di quel che un giorno sarà il mobbing. Il ragioniere Ugo è l’Italia tanto semplice quanto disarmante.

ALE: un soggetto perfetto per farne un ragù di comicità. E il cinema, puntuale, arriva. I primi due capitoli, Fantozzi e il secondo tragico Fantozzi, sono l’apoteosi del delirio comico/sociale. Sia chiaro, stiamo parlando di ottimo cinema.

NICC: certo, se per voi l’ottimo cinema è solo la Nouvelle Cousine Godard, allora grazie arrivederci, ma restando sulle corde comiche, di una comicità un po’ noir, un po’ malinconica, qui siamo di fronte a un gioiello raro.

ALE: la comicità di Fantozzi è trasversale. Travolge e conquista tutto: lingua, iconografia, narrativa, costume, politica. Non è un caso che il Fantozzismo diventi gergo comune, vocabolo del dizionario, immaginario collettivo. Perchè Fantozzi è l’osservato e l’osservante allo stesso tempo.

NICC: per osmosi Fantozzi assorbe da Villaggio, pessimista cosmico tendente all’apocalisse umana, e dalla società che lo genera ed accoglie. Assorbe, assimila, e ridistribuisce. Chi lo odia, e sono in tanti, facilmente è chi non riesce a digerirlo. A capire che è pane quotidiano, e buttare giù. Imbecille chi ride? Ma signori, lo si sa: spesso si ride per non piangere.

Arriva John Doe, ottobre 2012, Alessandro De Bon e Niccolò Castelli

 

foto Wikipedia

© N. Castelli, Paranoiko pictures – 2017

L’importanza di sapere (ogni tanto) dire NO – parte I

In passato ho sperimentato l’importanza di saper dire di no. Non è sempre facile. Fa paura dir di no: “e se poi ho perso un’occasione?”. Delle volte mi trovavo davanti ad un problema più o meno grande e arrivava l’idea: la prima idea. Pareva la soluzione perfetta, quella che in quattro e quattr’otto – perché non c’ho pensato prima?! – risolveva il problema. La fortuna (o un barlume di saggezza, chi lo sa?) ha voluto che prima di metterla in pratica prendessi del tempo, la lasciassi sedimentare. E così veniva a galla che sovente quella che sembrava essere la trovata geniale si rivelava essere unicamente la più facile. Sicuramente non la migliore. Riflettendoci, confrontandomi con qualcuno, chiedendo consiglio, avrei probabilmente trovato un’altra idea, forse più complessa, difficile, ma migliore. E anche se fossi tornato all’intuizione iniziale sarei stato felice di aver preso in considerazione altre possibilità.

Fra pochi giorni in Svizzera saremo chiamati a votare su alcune iniziative importanti per il nostro futuro, quello delle nostre famiglie, dei nostri figli, nipoti, degli amici di oggi, di quelli di una volta e di quelli futuri. E io dirò NO principalmente a due temi in votazione. Brevemente, mi soffermo sul primo, poi arriverà l’altro.

Al “risanamento del tunnel autostradale del San Gottardo” dirò di NO. No alla proposta di realizzare un secondo tubo. Intendiamoci, a prima vista mi è parsa una soluzione ovvia, la migliore per permettere il risanamento necessario, aumentare la sicurezza stradale di quel traforo che non amo attraversare, snellire il traffico e saldare il legame sociale ed economico fra Ticino e resto della Svizzera. Poi ho cercato di documentarmi, ho provato ad ascoltare e lasciato passare un po’ di tempo. Mi sono convinto che NO, quella che ci viene proposta è solo “la prima soluzione”, non la migliore. Altre sono possibili. Ci si chiede di approvare una decisione affrettata dettata (forse) da altri scopi; una soluzione che avrà effetto contrario rispetto a quel che si prefigge perché inviterà più automobilisti e autotrasportatori a percorrere una strada più snella e succulenta e di conseguenza più inquinata, rumorosa e meno sicura; una soluzione che ridarà vigore al trasporto su gomma nelle trattative nazionali e internazionali attenuando così di molto il potenziale politico, sociale ed economico positivo che il nuovo asse ferroviario AlpTransit porta con sé; una soluzione che sposta l’attenzione dal reale problema a un altro molto meno urgente e per il quale i promotori stessi del progetto hanno recentemente ammesso esistere possibili soluzioni alternative. E si potrebbe aggiungere che forse il problema del traffico in Ticino non è al Gottardo ma in entrata e uscita dagli agglomerati. E si potrebbe aggiungere che investire nel secondo tubo potrebbe togliere fondi ad altre opere più lungimiranti e importanti. E si potrebbe aggiungere che forse il risanamento è l’occasione giusta per proporre nuovi modelli, visioni per tutta la politica dei trasporti di merci e persone. E…

Il futuro è tutto da scoprire. Io credo che vada affrontato con idee e soluzioni nuove, immaginato con la creatività e la tecnologia di domani per un mondo da lasciare ai nostri nipoti di dopodomani. Mi piace la gente che propone “idee utili da divulgare” (TED) e investirei tempo e denaro in idee ora. Pensare a scambi culturali, commerciali, economici e sociali fra il nord e il sud delle Alpi che permettano di ridurre l’impatto sul clima in un territorio già martoriato, accrescendone sicurezza, qualità di vita e sostenibilità: di questo genere di idee necessitiamo. Be’, se non si fosse capito io domenica 28 febbraio dirò NO a soluzioni nate vecchie applicate a problemi del futuro e che, per di più, non sono ancora stati messi veramente a fuoco.

© N. Castelli, Paranoiko pictures – 2017

Riccardo

21.1.2016. Lui è Riccardo e oggi è passato per primo attraverso l’ultimo diaframma dello scavo. Se ci pensi, è il primo ad aver percorso la lunghezza del tunnel del Ceneri. Come il primo ad aver conquistato la vetta del Cervino o il primo uomo sulla luna. Poi ne seguono tanti e diventa normalità, ma è lui il primo ad aver compiuto quei passi. Là dove l’aria sapeva ancora di esplosivo e l’ultimo diaframma di roccia era appena crollato a terra, seguito dai suoi colleghi e da tanti altri invitati in festa, Riccardo correva quasi, da quanto era orgoglioso e fiero. Abbracciava una grande Santa Barbara in legno intagliata da un altro minatore.

Chissà che emozione a Castronovo di Sicilia dove Maria Rosa, sua moglie, i suoi due figli, amici e vicini l’hanno seguito in diretta web. È dal 1981 che lavora sotto terra. Lui, la sua sciolta e tutti gli altri dell’avanzamento hanno impiegato 5 anni a scavarlo tutto, questo foro di 15 km. Penserò a lui, al suo non star mai con le mani in mano se non quando osserva le pareti della montagna in una sorta di dialogo silenzioso. Penserò al suo sguardo fiero e malinconico, al caldo, all’ammoniaca, al rumore, al limoncello che mi ha offerto dopo le ore passate assieme là sotto nelle notti di qualche mese fa. Penserò a Riccardo quando, fra 4 anni, in una dozzina di minuti sfreccerò attraverso quei quindicimila metri di montagna su di un treno. Perso a guardar il buio della montagna fuori dal finestrino.

© N. Castelli, Paranoiko pictures – 2017