Partito della Rifondazione Cinematografica

Dicevamo? Sinistra radicale assurda? Pagina 15 del Corsera di oggi sembra volerci confermare.
Il Partito della Rifondazione Comunista ha firmato ieri in senato un disegno di legge teso a rivoluzionare il mercato del Cinema peninsulare. Rilancio del Made in Italy a discapito (ma guarda un pò…) del Made in Usa. Bene, benissimo, evviva. Come? Obbligando per legge tutte le sale a proporre un film italiano ogni 3; le proiezioni insomma dovranno essere per il 33% percento extracomunitarie (Usa, Cina, India etc..etc…), per il 33% europee (Francia, Spagna e compagnia) e per il 33% italiane. Sgarri? 30 giorni di chiusura della sala ( = morte). Dico io, poteva sorgere nella mente di Russo Spena e compagni un’idea più imbecille? Di tutte quelle possibili per rilanciare la spinta culturale cinematografica italiana questa entra di sicuro di diritto nella top ten degli orrori. Vincoli di qualità zero, spinta commerciale immensa.
Ma il pastrocchio non finisce qui. Dice il 5° dei 32 articoli del ddl: per essere italiano un film deve avere:

  • regista italiano
  • autore italiano
  • sceneggiatore italiano
  • interpreti principali e secondari in maggioranza italiani
  • ripresa sonora in lingua italiana
  • direttore della fotografia italiano
  • montatore, scenografo, costumista e troupe italiani
  • riprese (esterne e interne) effettuate in maggioranza sul suolo italico

Insomma, l’Istituto Luce del ventennio in confronto é una vera cippa. Sarebbe un pò come dire: «Signor Picasso, questa é la tela. Scelga lei cosa dipingervi. I nostri unici vincoli sono che usi soltanto il rosso, il terra di Siena e il grigio topo, che utilizzi unicamente questo pennello e che il panorama sia Casteldebole».
Pronti insomma a sorbirvi una gioiosa carrettata di Natale a New York, Pasqua a Berlino, Pentecoste a Dubai e Ferragosto a Palinuro, a discapito di un Resnais, Kim Ki-Duk, Tarantino ed altera?
Vi sembra un caso che Risi e Avati (autori) si siano schierati contro disturbando vocaboli quali “pazzia” e Neri Parenti (commerciante) abbia accolto la notizia con accorati applausi?

Ovetti…


Ero in coda alla Conad. Come sempre (se li mettono là un motivo ci sarà…) l’occhio mi é caduto sugli ovetti kinder. Quelli sciolti, non i gloriosi “una sopresa su cinque sarà uno di noi”… ne ho comprato uno e mi sono tornate alla mente 6 cose:
1) Daniela, la mia compagna di classe delle elementari che ogni giorno per merenda aveva un ovetto kinder
2) la felicità furibonda di quando andavo a fare la spesa con la mamma e riuscivo a farmi comprare l’ambito terzetto
3) L’immane tristezza quando scoprivo che in nessuno dei tre ovetti c’era uno dei personaggi della collezione (Ippo Ippo, Ranoplà etc.. etc…)
4) La gioia infinita di trovarne invece ben 2 su 3
5) L’incazzatura atomica quando trovavi i puzzle merdosi in cartoncino fino che finivi in 16 secondi e non sapevi che fartene
6) L’inquilina di Sissa, la giapponese Fujuko, che non sapeva dell’esistenza degli ovetti kinder; Sissa gliene ha regalato uno e lei non ha voluto mangiarlo per giorni perché era tanto carino…!!!

Vota Antonio, vota Antonio…


La classe politica, nonché dirigente italiana fa schifo. E’ da questo dato di fatto che voglio (ri)partire.
Nella destra abbiamo: il partito dei fascisti per nulla pentiti, anzi orgogliosi; il non-partito bensì azienda gestito da un criminale; il partito dei mafiosi cammuffati da preti; il partito dell’idiozia umana.
La sinistra: penso che in tutta Europa sia difficile trovare una sinistra (soprattutto la parte estrema) schifosa e marcia come la nostra. Un esempio sulla lungimiranza e la concretezza dei compagni? Alle recenti celebrazioni per la nascita del Partito Comunista un professore di cui non ricordo il nome (le cose futili si dimenticano… per fortuna), spalleggiato dal rincoglionito Diliberto sosteneva che il Partito Democratico “non s’ha da fare” perché Gramsci non lo avrebbe voluto… Ecco, invece che trattare i temi di cui la sinistra dovrebbe parlare, quali la legalità, la lotta alla mafia, l’equità sociale, o la richiesta di abrogare le schifosissime leggi-Berlusconi di cui nessuno più parla, i nostri “compagni” fanno la politica con Gramsci, Togliatti e Marx. Per non parlare poi dei catastrofici DS, alias “scuola elementare”…
Ebbene, in tutta questa sconfinata cacca, sto apprezzando sempre più una persona che sicuramente non possiede il dono della comunicazione, ma che almeno per l’Italia ha fatto qualcosa concretamente e soprattutto pone al vertice del proprio pensiero politico un principio fondamentale quale la legalità.
Insomma, penso proprio che se oggi dovessi andare a votare, voterei per Antonio Di Pietro.

Tema 03: gli orari dei trasporti pubblici

Nicc: Caro Ema, un mesetto fa ho deciso di prendere l’abbonamento generale ai trasporti pubblici svizzeri (AG). Il che significa che da un po’ di tempo a questa parte mi sto divertendo a saltar su e giù da treni, tram e bus d’ogni cantone. Un oggetto che continua a sorprendermi e ad affascinarmi è l’orario generale dei trasporti. Com’è, caro Ema, che partendo dalla stazione di Oerlikon arrivo alla stazione centrale di Zurigo giusto 5 minuti prima che il mio treno per Lugano parta e che, una volta in Ticino, abbia un bus ad aspettarmi che mi porta da Lugano a Porza? Ma soprattutto, com’è che queste coincidenze valogono per me che vado da Oerlikon a Porza e anche per l’Hans Peter Müller che va da Schwarzenburg a Eglisau? Quanta matematica c’è dietro a questi impressionanti giochi di numeri impossibili chiamati “orari dei trasporti pubblici”? A me pare fantascenza…

Ema: Eh si, caro Nico, in effetti la costruzione (e il funzionamento) di un sistema ferroviario è una faccenda complessa, tanto che molti (quasi tutti) dei problemi che bisogna risolvere sono in NP o addirittura NP-completi (vedi post precedente): quindi nessuna speranza di farli risolvere in modo veloce dai computer – bisogna usare la testa. E vedi giusto quando pensi che dietro la sua costruzione ci sia della matematica: in realtà ci sono proprio dei gruppi di ricerca che si occupano di questo problema. L’argomento è molto complesso e parecchio ramificato, e quindi vorrei affrontarlo usando una strategia che almeno in matematica paga tantissimo: facendo un esempio.

Scena 1: stazione di Valendas-Sagogn, in Surselva. Come voi tutti sapete, all’entrata nord di questa stazione c’è un passaggio a livello, dove quel pomeriggio una mucca è rimasta impigliata con lo zoccolo in un binario: c’è voluto un quarto d’oretta per liberarla. Non molto, ma comunque abbastanza per ritardare di 6 minuti il diretto Disentis – Scuol-Tarasp, sul quale c’è il nostro Gion Cadrüvi, che sta tornando a casa sua, a Sils im Domletschg. Per arrivare a Sils i.D. lui a Reichenau deve cambiare treno, e prendere il Coira – St. Moritz che era in orario, ma che ora riparte da Reichenau con ben 8 minuti di ritardo (il tempo per permettere al Cadrüvi di cambiare treno). Siccome a Thusis bisognava caricare le biciclette di un gruppo di turisti, il treno si mette in marcia verso l’Albula con 10 minuti di ritardo.

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Sono azioni da Boy Scout

Oggi in tram mi sono ritrovato a leggere un articolo di Jonathan Freedland del Guardian (GB) su Al Gore. Lo ricordate? Io me l’ero praticamente dimenticato. Be’, a quanto pare Al Gore, oltre a “essere stato il prossimo presidente USA” nel 2000 (in pratica gli fu negata la presidenza nonostante avesse la maggioranza dei voti…), è un ecologista convinto.

Inserto di Beppe Grillo

I maliziosi a questo punto avranno già sentenziato che è tutta una messa in scena, che i politici sono tutti corrotti, non glie ne frega nulla dell’ambiente e chi più ne ha più ne metta. Forse è vero. Sta di fatto che Al Gore da 6 anni si occupa di ecologia. Mi ha fatto riflettere il suo decalogo “del buon ecologista”. 10 regolette “da boy scout” facili da applicare e che, sebbene non ci salveranno dal male oscuro (…?), sicuramente aiutano un po’ mamma terra.

Le 10 regolette sono riportate da Beppe Grillo nel trafiletto che accompagna l’articolo del Guardian nella versione in italiano, apparso su Internazionale (n.671, pp.30-34) questa settimana (clicca sull’immagine per ingrandirla).

Quasi quasi me le scrivo sull’agenda e ci provo. Sono azioni da Boy Scout…

Giovanni

In questi giorni, durante il mio girovagare per la città con tram e bus, ho sentito un gran silenzio.

Poi Giovanni – nel documentario che lo ritrae – mi ha detto che ogni persona emette una sua nota, la si può sentire. E la vita, l’amore, è la musica prodotta da queste note, uno splendido arrangiamento.

Mi piace.

Tema 02: I misteri del Sudoku

Nicc: sono malato, da un paio di giorni faccio spola fra divano, poltrona e letto. A leggere qualche cosa di intelligente faccio fatica e dopo il quinto DVD inizio ad avere gli occhi che bruciano. E allora decido, caro Ema, di buttar giù quel muro di pregiudizi che ho nei confronti dei “giochini scemi” (così li chiamo io) e di provare ad affrontare un SUDOKU! Eh sì, ci sono cascato anche io. Mi sono appassionato (speriamo che questa malattia non duri molto) al gioco del 9×9. 9 caselle, 9 quatrati, numeri dall’1 al 9… Dopo un po’ che giocavo, provando ogni volta a risolvere uno schema di maggiore difficoltà, mi son chiesto: come fa un matematico a sapere quanti numeri al minimo ci devono essere in uno schema vergine (meno numeri ci sono più difficile è il gioco) per far sì che sia ancora risolvibile? E ancora, benché sia un computer che sputi uno dopo l’altro questi schemini, come la matematica ci può aiutare a capire che cosa sta dietro al fantomatico Sudoku e perché piglia tanto?

Ema: Caro Nico, il mio PC è appoggiato su un tavolino della stazione di Zurigo, e alla sua destra, proprio a portata di mano, c’è una tazza di caffè fumante… quale momento migliore per scrivere sulla nostra nuova sezione del blog??

Allora, il sudoku.
La prima volta che ne ho visto uno ho effettivamente cominciato a risolverlo, ma poi ho perso la pazienza quasi subito: una volta che sai le regole e quei due-tre trucchetti, tipo scrivere in piccolo le cifre che ‘potrebbero’ andare in un quadratino, poi il resto diventava piuttosto ripetitivo, sostanzialmente un “esamina tutte le possibilità”, e siccome non ne vedevo la fine, mi ero chiesto: ma siamo sicuri che ‘sto coso ha una soluzione? C’è un modo (che non ti obblighi a farlo tutto) per sapere se un dato sudoku ha una soluzione? Quanti numeri bisogna dare al minimo perchè il sudoku sia fattibile?

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Nicc: A scuola non ero una cima in geometria. Una cosa che mi ricordo era però il prof. Mosmann che ripeteva ogni 2 per 3: “la somma degli angoli di un triangolo è sempre di 180 gradi!”. Chiacchierando con te, mi ha affascinato il modo in cui tu, in quanto matematico (ma sicuramente anche in quanto Emanuele “Delüch” Delucchi), hai la capacità di vedere le cose che non ci sono. Insomma, mi è quasi parso di capire che grazie alla matematica l’uomo sia riuscito nella storia a vedere più in là del suo naso. E allora mi chiedo, secondo la matematica la somma degli angoli di un triangolo può essere diversa da 180 gradi?

Ema: Allora, cercherò di glissare elegantemente su cosa possono essere le “cose che non ci sono”, e colgo al balzo la palla che mi hai lanciato parlando della somma degli angoli di un triangolo. In effetti c’è una storia curiosa legata proprio a questo tema che getta una luce su un modo tipico di procedere della matematica (si, la matematica “procede” e si evolve!).Dunque: un lontano antenato del tuo prof. Mosmann probabilmente insegnava matematica in un qualche principato germanico alla fine del ‘700, e aveva nella sua classe un bambino di nome Carl Friedrich Gauss. Visto che detto così sembra il nome di un dobermann particolarmente aggressivo, lo chiameremo d’ora innanzi come probabilmente lo chiamavano i suoi amichetti: Carletto. Ora, anche Carletto aveva imparato questa storia che mettendo uno accanto all’altro gli angoli interni di un triangolo si ottiene la metà di un giro completo (che per convenzione viene diviso in 360 parti uguali).

Poi, diversi anni dopo, lui lavorava per il principe, e il principe gli aveva chiesto di misurare le terre del suo principato. Lui pensò di fare come gli antichi egizi (che usavano la geo-metria appropriatamente come sistema per (ri)misurare e (ri)distribuire il terreno dopo ogni inondazione del Nilo) e suddividere il terreno in triangoli per poi sommare le aree risultanti.

Solo che gli egizi avevano il deserto accanto al Nilo, mentre lui aveva le colline della Germania – e si era accorto che collegando tre punti su una collina per la via più breve (=”tracciando i tre segmenti”) e misurando gli angoli, trovava una somma MAGGIORE di 180 gradi!!

Il triangolo sfericoSe ci pensate non è sbalorditivo: pensiamo un triangolo sulla terra, con un vertice al polo Nord e due vertici sull’equatore, diciamo a Giacarta e Belem. I due “lati” che si toccano al polo Nord seguono due meridiani, mentre il lato che congiunge le due città sull’equatore segue appunto l’equatore. Quindi i due angoli alle città sull’equatore sono ciascuno di 90 gradi, e già la loro somma da 180 gradi – figuriamoci ad aggiungere il terzo angolo (che sarà quel che sarà, ma sicuramente non nullo): il risultato sarà certamente maggiore di 180 gradi!

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Schwarzenburg, 20 settembre 2006
Chi ha fatto il militare lo sa: le giornate in grigio-verde sono spesso contraddistinte da lunghe attese. Un libro, il cruciverba (oggi il Sudoku), una pallina di gomma che rimbalza un po’ ovunque, chiunque cerca di rendere queste attese se non utili, almeno gradevoli. In questi giorni a farmi compagnia, che fosse seduti nel camion in attesa che si partisse o appollaiati sotto a un albero in attesa della cena, c’era Emanuele Delucchi, per gli amici “delüch”. Lui è un matematico. Benchè lo conosca da parecchio tempo credo di non aver mai avuto l’occasione, prima di oggi, di porgli alcune domande riguardo alla matematica. Che cosa è la matematica? Cosa sta dietro alla “risoluzione dei problemi”? Cosa spinge a cercare di sviluppare teorie da assiomi sempre nuovi? (tra l’altro: cos’è un assioma?) E ancora, perchè lo stesso oggetto visto da un matematico, da un fisico, da un ingegnere e da me sono quattro cose diverse?
Dopo tanto chiacchierare provo a chiede a Emanuele se ha voglia di scrivere qualche cosa sul blog. Vorrei provare a porgli delle semplici domande, a fare una non-intervista, che duri nel tempo. Una sorta di chiacchierata senza spazio ne tempo (esistono lo spazio e il tempo?) che possa permettere a me e a chi avrà voglia di leggere di tanto in tanto questa nuova sezione del blog di scoprire un mondo assolutamente creativo e fantastico: la matematica.

Grazie a Emanuele che scrive e grazie ai grandi della matematica che – come credo scopriremo meglio leggendo il blog – hanno permesso agli uomini di vedere il mondo con occhi diversi, di vedere oltre a ciò che conosciamo.

11 settembre 2006

11 settembre 2001.

Se almeno sapessi il nome di quella marcia funebre. Scoppiai a piangere come un bambino quando la banda militare si mise a suonare.
Quel giorno, come oggi, stavo prestando servizio militare, era la mia scuola reclute. Avevo appena perso un amico. Viste le circostanze potrei dire di averlo perso “sul campo”, su un’autostrada, a quell’ampia curva che sta fra l’uscita Lyss-Süd e Lyss-Nord dell’autostrada A6.

In questi grigi giorni mi tornano spesso alla mente quei momenti di 5 anni fa. No, non quelli dell’incidente, degli interrogatori della polizia, del cappellano militare che ci da la notizia alla quale non volevo credere, di quella prima notte in camerata con quel letto vuoto, della rabbia e dell’amore che in quell’evento ha legato tutti noi 13 del gruppo rimasti a soffrire. Mi tornano alla mente i momenti più intimi e devastanti, silenziosi che precedettero il funerale in pompa magna. L’ultimo saluto a quella vita che se ne andò presto, a quella vita che mi lasciò giusto il tempo di farsi conoscere e che poi ci lasciò qui soli, dopo 3 mesi passati a mangiare nello stesso piatto e ad arrabbiarci per gli stessi ordini senza senso, a ridere per le stesse battute infilate fra un “attenti” e il successivo riposo. Arriva quando meno te l’aspetti, la morte. E l’impressione è che non si sia mai approfittato abbastanza della vita.

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