Matematica in passerella, sfila la formula n.1

È una magnifica serata di inizio estate, e pochi minuti fa il sole ha deciso di incendiare la vallata del fiume Susquehanna – e dopo la fiammata ha lasciato il posto ad una luce azzurrina e rarefatta nella quale le ultime nuvole si dileguano spinte dal vento che viene giù dai Grandi Laghi.
Bello.
Ma un bello molto diverso dal “bello” al quale aspira (con scarsissimo successo) la cornice dello specchio che ho sopra le mie spalle qui allo Starbucks di University Plaza. Un bello fatto di essenzialità e limpidezza.

Qualche settimana fa la rivista “Time” ha pubblicato la lista delle persone secondo lei più influenti del 2007, e ad uno dei loro redattori è stato chiesto di stilare una graduatoria tra questi 100, e lui ha scritto un articolo su come ha creato la formula per calcolare la graduatoria. L’articolo è volutamente ironico, ma nella sua giocosità secondo me illustra bene quello che in matematica o in fisica si cerca in una formula: deve essere in qualche modo elegante, piacevole e, perchè no, bella.
Avete ragione, nessuno ha mai organizzato sfilate di formule in passerella, e non ci sono riviste patinate che decidono o seguono le tendenze estetiche delle formule matematiche. Ma parlando con un matematico o un fisico vi accorgerete che ha un’idea molto precisa di quale equazione o formula considera “bella” o meno. E forse resterete sorpresi nel vedere quali sono le qualità che generalmente sono considerate rendere una formula “bella”.
Pensate ad uno qualsiasi dei film dove si vede un matematico o qualcosa di simile. L’iconografia impone almeno una lavagna con formule lunghissime, complicatissime, e preferibilmente incomprensibili, nelle quali il soggetto in questione sembra trovare una specie di beatitudine mistica.
Ci avete pensato? Ecco – dimenticate subito.

C’è una specie di idea diffusa che gli scienziazi migliori scrivono le formule più complicate – il mio cuginetto, quando ha realizzato per la prima volta che faccio matematica ha esclamato, pieno di ammirazione “oooh, ma allora fai i calcoli lunghissimissimissimi così” (estensione delle sue braccine =ca.50 cm).

Però provate a chiedere ad un matematico o ad un fisico di dirvi qual’è la formula che lui considera più bella. Raramente vi risponderà qualcosa che occupi più di mezza riga di un foglio di carta (nel mio caso, anche perchè più lunghe di così riesco difficilmente a ricordarle). E tra l’altro, con molta probabilità sceglierà la nostra prima Top Model.

Si, avete capito bene: con questo post comincia la nostra sfilata della “Haute Coûture” delle formule, una prima assoluta nel suo genere che siamo fieri di presentarvi in esclusiva!

Numero uno:

una relazione che è solitamente associata al grandissimo matematico svizzero Leonhard Euler – per gli amici Eulero (1). Notate quanto poco sembra intricata. Però guardate da vicino: contiene una somma, una moltiplicazione e un esponenziazione – le operazioni algebriche principali. E mette in relazione i due numeri più “banali”, 0 e 1, con il mitico “pi greco” (il rapporto tra la circonferenza e il diametro di un cerchio), e il numero immaginario i (quel numero che moltiplicato per se stesso fa -1). Il tutto condito con il numero e, che è l’unico numero che si fa un baffo dell’operazione di derivazione – ovvero, la derivata di ex è ancora ex. Tra l’altro, dobbiamo ad Eulero anche la scrittura di questi simboli: è stato lui a proporre o diffondere l’uso delle lettere “e”, “i”, e la “pi” greca per scrivere i numeri di cui abbiamo parlato prima (per saperne di più).

In tutta onestà, pur sapendo il perchè questa relazione è vera, io quasi non ci posso ancora credere che se prendi un numero trascendente (e), e lo elevi alla potenza del prodotto di un numero complesso (i) per un altro trascendente (pi greco), ottieni… un numero intero. David Copperfield può far sparire in una nuvola di fumo tutti i vagoni ferroviari che vuole – ma qui non c’e fumo che tenga. Niente trucco, niente inganno: “puro rock’n roll!”, come qualcuno commentava in uno dei post precedenti…

Insomma in quei 7 segni c’è il mio cuginetto che fa 1+1, Archimede che disegna cerchi nella sabbia, Girolamo Cardano che non crede ai suoi occhi e dice che un numero che al quadrato fa -1 non può esistere, e Eulero, che intanto che gira per l’Europa trova il “fil rouge” che collega tutto questo. Non male eh?

Ma soprattutto: prima c’erano tutte queste cose, ognuna per conto suo: i numeri, i cerchi, l’esponenziale… ognuno con i suoi misteri e le sue difficoltà, e poi questa strana storia della radice di -1… e improvvisamente ecco questa relazione chiara ed elegante, come la chiave di volta di un arco che finalmente da un senso alla costruzione. Dopo la scura tempesta, come il raggio del sole che illumina la valle del Susquehanna…

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(1) Già nel 1714 Roger Coates aveva scoperto una forma un po’complicata dell’identità “trigonometrica” da cui si deriva comunemente questa formula. Nel 1748 Eulero la “riscopre” per conto sui e la rende famosa.

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