Ho preso come titolo l’ultima frase di un recente post in un interessante blog che ho appena scoperto. Parla di un nuovo CD appena uscito dalla Deutsche Grammophon, e ne parla come de

“la straordinaria capacità di un uomo di sublimare un pensiero complesso in un atto apparentemente semplice e comprensibile a tutti.”

Questo “uomo” potrebbe essere sia il compositore, sia l’esecutore della musica di cui si parla. Il primo è Johann Sebastian Bach, e il secondo è il pianista Maurizio Pollini. Bach non necessita presentazioni, e di Pollini dirò solo che così su due piedi mi vengono in mente ben pochi pianisti viventi cui si attagli meglio la frase che ho citato. Pollini è uno della risma degli Abbado o dei Koopman: poeti chirurghi della musica, le scavano dentro con rigore assoluto e poi ce ne restituiscono tutte le sfaccettature, permettendoci di

“ammirare cinghie, pulegge, ruote dentate e tutti quegli ingranaggi lucidi di lubrificante girare miracolosamente accordati fra loro”

pur senza trasformare l’esecuzione – e qui sta il genio – in una specie di “lezione di tecnica” noiosa e presuntuosa. Pesando ogni nota, curando ogni voce, con la meticolosità e il rigore che lo contraddistinguono, Pollini non vuole “dare lezioni” a nessuno: semlicemente si mette al servizio dell’opera, trasformando i preludi e le fughe del vecchio Bach in

“Perle lisce che ciascuno di noi può rigirarsi fra le mani capendole e godendone, con il cuore e con il cervello.”

Mi viene da dire che queste non sono le perle di vetro di Hesse, ovvero elementi di un gioco puramente formale tra segni, in cui il referente è irrilevante – anzi, ne corrompe la purezza. Le perle di Bach presentate dal Magister Ludi Pollini  invece sono intrise di umanità, tanto più profonda quanto più distillata nella assoluta semplicità di poche note su una tastiera.

Come esempio di queste perle, Lastella nel suo blog inserisce un collegamento a youtube dove Pollini suona il famosissimo primo preludio e fuga del clavicembalo ben temperato.

Nel mio piccolo, vorrei portare anch’io una piccola perla di bellezza, semplicità, genio, chiarezza e profondità. Il genio qui è quello di Georg Cantor. Che alla fine dell’Ottocento si era posto la seguente domanda: sono di più i punti contenuti in un quadrato o quelli contenuti in uno dei suoi lati? Ovviamente tutte e due le quantità sono “infinite”, ma insomma…

Perla: I punti contenuti in un quadrato possono essere appaiati “uno a uno” con i punti contenuti in uno dei suoi lati – e quindi ci sono esattamente tanti punti nel quadrato quanti ce ne sono nel segmento.

Osserviamo un quadrato e uno dei suoi lati, e immaginiamo un modo per identificarne i punti. Beh, possiamo pensare che il quadrato sia di lato 1, e di “numerare” i punti del lato con i numeri reali da 0 a 1 (ovvero tutti i numeri del tipo “zero virgola ….”). I punti del quadrato invece possiamo “localizzarli” come facciamo su una cartina geografica, o a battaglia navale, dicendo “quanto a destra o a sinistra” e “quanto su o giù” stanno. Questa è l’idea della cosiddette “coordinate cartesiane”. Ogni punto del quadrato è quindi contrassegnato da una coppia (A;B) di numeri tra 0 e 1, dove “A” è la distanza del punto dal margine sinistro del quadrato, e “B” è la distanza dal margine inferiore. Così:

drawing32

ora, abbiamo detto che a e b sono numeri tra 0 e 1, quindi cose tipo “0,540031876244214…”. Diamo un nome alle cifre di A e B:

A: 0, a1 a2 a3 a4

B: 0, b1 b2 b3 b4

Ed ecco il trucco: al punto (A; B) corrisponderà il punto sul segmento dato dal numero

0, a1 b1 a2 b2 a3 b3 a4 b4

drawing2

Inversamente, così ad ogni punto 0, c1 c2 c3 c4 c5 c6 c 7c 8… sul segmento corresponde esattamente un punto nel quadrato:

(0, c1 c3 c5 c7…; 0, c2 c4 c 6 c 8 …).

Concludiamo che la corrispondenza è uno-a-uno (o, in termini tecnici, ‘bigettiva’). Ci sono tanti punti nel quadrato quanti ce ne sono sul segmento – come volevasi dimostrare.

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