Oibò, più volte è stato scritto che il cinema è l’arte che più si avvicina ai sogni, e perché no anche agli incubi, che facciamo tutti noi la notte. Sogni sconclusionati, dove elementi fantastici irrompono nel quotidiano mescolandosi come fossero tutti parte di uno stesso universo parallelo…
Oggi mi son svegliato dopo aver salutato un pupazzo di neve che mi sorpassava, sci ai piedi. Era magro, non era uno di quei pupazzi di neve appesantiti che trovi in giardino. Probabilmente è snello e atletico perché fa molto movimento, il pupazzo di neve sugli sci che ho salutato oggi. Proprio là, dove la pista entra nel bosco e ai bordi ci sono quei cumuli di neve riportata. Magrolino, con le sue gambe a tronchetti infilate in scarponi da sci non proprio moderni, anche se un po’ rigido nelle curve era abbastanza veloce. Dalla tuta un po’ démodé anni ’90 usciva la sua crapa sorridente, con due pigne al posto degli occhi e una sciarpa ricamata con rami di larice che dopo due curve gli è scivolata via. Io in velocità l’ho recuperata, l’ho passata a quel bambino che stava sciando con lui (dev’essere un suo amico o compagno di classe) e mi sono allontanato… puff, eccomi a casa, qui e ora, mi sto riguardando L’age d’or, con un té caldo; dopo tutta sta neve mattutina ci sta proprio. Sorseggio il té già freddo mentre la protagonista di questo polveroso film del 1930 un po’ annoiata se ne va nella sua stanza, nella grande villa borghese, e trova pacifica a sonnecchiare sul suo letto una gran mucca ruminante. Lei, la protagonista, con nonchallance fa scendere dal materasso i 1200 chili di manza, come fosse il suo Chihuahua, quindi si mette a limarsi le unghie sbuffando. Io, sogghigno… be’, anche se è un po’ ostico rivederli oggi questi film, questi sogni in bianco e nero di Buñuel e compagnia, in compagnia di un pupazzo di neve è un bel modo di passare il pomeriggio.