11 settembre 2006

11 settembre 2001.

Se almeno sapessi il nome di quella marcia funebre. Scoppiai a piangere come un bambino quando la banda militare si mise a suonare.
Quel giorno, come oggi, stavo prestando servizio militare, era la mia scuola reclute. Avevo appena perso un amico. Viste le circostanze potrei dire di averlo perso “sul campo”, su un’autostrada, a quell’ampia curva che sta fra l’uscita Lyss-Süd e Lyss-Nord dell’autostrada A6.

In questi grigi giorni mi tornano spesso alla mente quei momenti di 5 anni fa. No, non quelli dell’incidente, degli interrogatori della polizia, del cappellano militare che ci da la notizia alla quale non volevo credere, di quella prima notte in camerata con quel letto vuoto, della rabbia e dell’amore che in quell’evento ha legato tutti noi 13 del gruppo rimasti a soffrire. Mi tornano alla mente i momenti più intimi e devastanti, silenziosi che precedettero il funerale in pompa magna. L’ultimo saluto a quella vita che se ne andò presto, a quella vita che mi lasciò giusto il tempo di farsi conoscere e che poi ci lasciò qui soli, dopo 3 mesi passati a mangiare nello stesso piatto e ad arrabbiarci per gli stessi ordini senza senso, a ridere per le stesse battute infilate fra un “attenti” e il successivo riposo. Arriva quando meno te l’aspetti, la morte. E l’impressione è che non si sia mai approfittato abbastanza della vita.

Siamo in una società basata sul concetto di colpa, almeno, è quello che mi pare di sentire, e giorno dopo giorno fra quel 5 settembre 2001 e l’11 la mia mente cercò incessantemente un colpevole per la morte di quel ragazzo avvenuta durante l’obbligo del servizio militare in un paese neutrale. Poi è arrivato l’11 settembre, non quello che tutti conoscono, ma un piccolo 11 settembre che una manciata di persone hanno vissuto molto intensamente, nel centro città di Losanna, al centro funerario. Mi è parso, e proprio ora mi chiedo perché sto scrivendo tutto questo in un blog, di fare un passo sopra a quella fossa quel giorno. Attraverso le note di quella marcia funebre, nelle lacrime versate al momento di lasciar scorrere lentamente la corda che tenevo fra le mani, facendo scendere poco a poco quel feretro di legno intarsiato nella sua “eterna dimora”, e poi ancora stando sull’attenti accanto a quel buco nella terra, mentre davanti a me e ad altri miei 5 compagni sull’attenti passavano uno ad uno tutti gli amici e i parenti, con una rosa nella mano, guardando in basso e non accorgendosi che piangevo come una fontana, ho smesso di cercare la colpa. Non credo di aver veramente capito qualche cosa di questa esperienza. Posso solo umilmente dire che da quei due 11 settembre 2001, dal mio e da quello che tutti conoscono e del quale poi pure io venni a conoscenza, imparai un poco di più ad amare la vita. Quella fatta di felicità e sofferenza, che sta in equilibrio fra il bene e il male, che va al di là del respirare, mangiare e andare di corpo, che non cerca una colpa in ogni persona e una causa in ogni effetto.

1 commento su “11 settembre 2006

  1. 16 novembre 2006. Mi par quasi di risentire quel peso poggiare sul fondo dello stomaco. Quel che è successo pochi giorni fa mi ha scosso come non succedeva da 5 anni. E l’impressione è che non si sia mai approfittato abbastanza della vita.

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