Nicc: A me piace far la spesa. Non lo shopping, per quello proprio sono un disastro. La spesa. Mi diverte passare dal supermercato prima di andare a casa per prendere pane fresco e qualche mini-leccornia da cucinarmi la sera. C’è un aspetto della spesa che trovo poco divertente: la colonna alla cassa. Non mi piace stare imbambolato con i miei 2 metri d’altezza fra bambini che piangono perché vogliono le caramelle appese sopra al tappeto scorrevole della cassa ad aspettare il mio turno. Nulla contro l’attesa, non mi stresso. Ma ammetto di sentire il bisogno di uscire al più presto. A questo punto però il dubbio che mi strugge da tempo: al supermercato è meglio puntare diretto alla cassa dove attendono pochi clienti ma con carrelli stracolmi o è più efficace scegliere la cassa con tante persone incolonnate ognuna con pochi prodotti nel cestino? Cosa ti dice la matematica? Puntualmente io riesco a scegliere la cassa sbagliata, e mentre attendo vedo sfilare uno dopo l’altro gli altri clienti accanto a me… Ema, aiutami tu. Grazie, Nicc.
Ema: Ah! la coda alla cassa… E chi non ha mai desiderato ardentemente una ricetta segreta per imbroccare la coda giusta? Chi non ha mai guardato con aria di sufficienza gli automobilisti fermi nella colonna accanto, mentre la propria colonna, anche se impercettibilmente, si muove?
E quella indicibile, atavica sete di sangue che ci assale mentre vediamo che la coda alla cassa accanto sfila con ritmo regolare, mentre la signora davanti a noi ha preso il limone senza metterci il codice a barre, ed ha voluto tornare a prendere la seconda confezione di carta da cucina dopo aver visto che era in azione 2×1, e alla fine paga 67,65 tutto rigorosamente in monetine.
E non voglio neanche menzionare le code alle dogane aeroportuali! Arrivi nella hall immensa, ci sono almeno 20 sportelli: tenti la fortuna e scegli la fila con due persone, un distinto signore e una giovane donna incinta. Bene, di solito salta fuori che al primo gli prendono le impronte digitali anche degli alluci, mentre la donna viene sottoposta a breve amniocentesi – si sa mai – e deve spiegare perchè il feto sembra che porti il turbante.
Intanto, di solito nella colonna accanto tre superborchiati con maglietta dell’Osama fan club passano al piccolo trotto salutati calorosamente dal doganiere.
Ora, a parte gli scherzi è chiaro che il problema di amministrare le code di attesa è di grande importanze pratica! Insomma: se hai poche casse risparmi in personale ma perdi in gradimento di clienti che non tornano più o rimborsi di passeggeri che perdono la coincidenza. Se hai tante casse la gente è contenta e non vuole il rimborso, ma intanto tu hai molte più spese per il personale.
Non sorprende quindi che si sia cercato di trattare in modo matematico anche questo problema – e il risultato sono i “modelli di code d’attesa” (mia libera traduzione dal tedesco “Warteschlangemodelle”).
Il punto di partenza è banale: quanto velocemente arrivo alla cassa? beh: tanto più velocemente quanto più breve è il tempo che ogni persona in coda impiega per pagare. E il tempo che una certa persona ci mette per pagare dipende da quanti articoli ha (e tra questi quanti limoni senza codice a barre), da quanto è veloce la cassiera e da se paga in pezzi da 5 centesimi o con la carta di credito… Insomma, sono fattori ‘osservabili’: si guardano i carrelli, la persona alla cassa, e (per stimare la probabilità dei limoni senza codice e delle valanghe di 5 centesimi) le altre persone in coda.
E qui quindi devo deludere il Nico che già vuole aprire il libro a pagina 74 e trovare la ricetta da applicare la prossima volta che va alla Migros: non troverà soluzione, semplicemente perchè non c’è un vero problema. In realtà basta osservare attentamente tutte le file e tutte le casse e poi si avranno tutti gli elementi per decidere. Naturalmente il tempo che ci si mette a studiare completamente la situazione è probabilmente di più di quello che ci si metterebbe a pagare scegliendo una fila a caso. E poi spesso uno non può neanche veramente vedere tutto: pensiamo alla colonna in autostrada, o nei grandi magazzini dove le code si inoltrano tra gli scaffali… e allora lì, dal tuo punto di vista di ‘cliente singolo’ tanto vale in realtà tirare a caso, e comunque non pensarci troppo: tanto non puoi comunque raccogliere gli elementi che ti servirebbero per decidere!
Però qualcosa in ‘sto libro sulla teoria delle code ci dovrà pur essere scritto, o no?
In effetti c’è scritta molta roba – e il problema non è quello di come tu, Nico, singolo utente, puoi fare per passare velocemente la cassa. Piuttosto ci si interessa a come il “signor Migros” deve organizzare le casse per fare in modo che “in media” il tempo di attesa sia accettabilmente breve.
Ma questo, esattamente, cosa vuol dire?
Ecco lo spunto per illustrare cos’è un modello matematico di qualcosa, e magari riuscire a far capire quanto il “modello matematico” di un problema sia distante dalla sua “soluzione”.
E allora vai: modello matematico delle code alla cassa.
Prima di tutto bisogna sapere come arrivano le persone – o meglio, quante ne arrivano ogni tot. Per esempio ci possiamo aspettare che più tempo passa senza che arrivi nessuno, più probabile sarà che “adesso” arrivi il prossimo cliente. E poi normalmente non è che dopo un cliente ne arriva “subito” un altro. Perciò comunemente la si vede così: il tempo tra l’arrivo di un cliente e l’altro è difficilmente brevissimo (per esempio meno di 30 secondi), molto probabilmente ‘giusto’ (diciamo 30 secondi – 1 minuto) e poi oltre il minuto diventa sempre meno probabile: in tal modo il cliente “è sempre più costretto” ad arrivare, in modo che il tempo di attesa non si allunghi ancora più. In linguaggio tecnico “si suppone che gli intervalli tra i clienti si distribuiscano secondo la legge di Poisson”, che è poi quello che ho detto prima.
Vedete che in qualche modo si assume una certa regolarità (e infatti c’è un teorema che si chiama “legge dei grandi numeri” che dice che “alla lunga” una situazione del genere è come se arrivassero persone con cadenza regolare). È proprio grazie a questa regolarità che il modello può fare delle previsioni – ma è anche proprio a causa di questo che fallisce (come ho potuto sperimentare a suo tempo lavorando come lavapiatti in un parco turistico quando ‘sbarcavano’ interi pullman di turisti a 50 alla volta)!
Vedete: non stiamo ancora parlando del ‘sistema’ che vogliamo studiare (le casse), e già ci accorgiamo della fragilità (l’inutilità?) della nostra costruzione.
Pensate che non abbiamo ancora fatto nessun assunto riguardo, per esempio, al tempo medio che ci mette una persona per pagare, eccetera eccetera.
Se volete farvi un’idea, qui trovate un modello online: potete regolare i parametri e vedere i risultati.
Insomma: il giocattolino c’è, e funziona, ma non c’è da fidarsi troppo. In pratica ci si affida al modello per sapere ‘quante casse tengo aperte’ ad una certa ora, ma poi di solito si fa in modo di avere a disposizione altre persone che all’occorrenza, per esempio, smettono di riempire gli scaffali e vanno ad aprire altre casse.
Ora intendiamoci: io adesso l’ho messa giù un po’ melodrammatica, ma la storia è molto meno rozza di così. Per esempio, ci sono metodi statistici più raffinati che indicano “quanta” riserva di personale tenere, e così via. Ma il principio rimane: la matematica ti fa fare delle deduzioni certe a partire da premesse date – il problema è che queste premesse vanno scelte bene, e spesso sono talmente difficili da scegliere che il risultato diventa in pratica inutilizzabile.
E allora? che ce ne facciamo di tutta ‘sta matematica?
Calma! Un momento!
È vero che in certi casi è difficile, o addirittura impossibile applicare metodi matematici a situazioni reali – ma questo non è un giudizio di valore su tali metodi, o addirittura sulla matematica stessa (come spesso si sente dire).
Insomma, è come con un calice in vetro di Murano: è bello ed è perfetto per bere, ma chiaramente si rivelerà poco pratico per spalmare il burro sul pane.
Interessante! Un’altro approccio (chiaramente a vantaggio del sig. Migros e poco del cliente) e’ quello psicologico. Invece di ottimizzare il flusso di gente, il sig. Migros tiene poche casse (cosi paga meno stipendi) e per accontentare il cliente cerca di distrarlo con, per esempio, uno schermo LCD attaccato al soffitto. Il cliente ha quindi l’impressione di aspettare meno in colonna, quando invece, il sig. Migros sta sfruttando l’LCD per razionalizzare ancora di piu’ il numero di cassiere. Inutile dire che l’LCD costa molto meno della cassiera. Beh, tra qualche anno ci sara’ l’RFID [1] e quindi passeremo via con il carrello e i soldi verrano dedotti direttamente dall’EC. Carta cumulus automatica (evviva, nessuno piu sentira’ chiedersi, “la carta cumulus?”).
markus
[1] http://en.wikipedia.org/wiki/RFID